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Differenze

Bombole di ossigeno per l’emergenza: tutto quello che c’è da sapere per fare la scelta giusta

La pandemia del coronavirus ci ha fatto scoprire molti aspetti poco conosciuti o molto sottovalutati nella nostra vita quotidiana, come per esempio l’importanza di un elemento essenziale la cui domanda, a causa della crisi sanitaria, è aumentata di ben cinque volte. Parliamo di un gas incolore e inodore che è l’elemento chimico più diffuso e attivo in natura, poiché costituisce il 21% in volume dell’aria e si combina rapidamente e facilmente con altri elementi chimici per formare numerosi composti: l’ossigeno. Fortemente raccomandato da molti protocolli internazionali di primo soccorso, l’ossigeno è obbligatorio nelle dotazioni di sicurezza negli stabilimenti balneari, piscine e Diving. E se a tutti i concessionari di spiagge è sicuramente noto quanto sia fondamentale l’apporto di ossigeno per la sopravvivenza dei tessuti e delle funzioni vitali, meno note sono forse le differenze esistenti tra le varie bombole che lo contengono. Pertanto le illustreremo in questo articolo.

Perché l’ossigeno è importante per salvare la vita

L’ossigeno è riconosciuto dai maggiori esperti sanitari internazionali come uno tra i più importanti presidi terapeutici supplementari a supporto del soccorritore nella rianimazione cardiopolmonare. Una vittima che si trova in uno stato di insufficienza respiratoria o in arresto respiratorio deve essere soccorsa senza indugi, somministrando prima possibile ossigeno ad alta concentrazione per ridurre l’eventuale edema polmonare e per fermare l’ipossia. Per un soccorritore addestrato, utilizzare ossigeno in caso di necessità su una vittima colpita da deficit respiratorio, patologia da decompressione o sommersione, oppure durante le manovre di rianimazione cardiopolmonare, può rivelarsi decisivo per la sopravvivenza del paziente, poiché favorisce un apporto di sangue ossigenato sulla superficie alveolo-polmonare, migliorando sicuramente lo stato clinico compromesso dall’infortunio. Se poi, oltre all’ossigeno, possiamo contare anche sul supporto di un defibrillatore semiautomatico (DAE), la percentuale di sopravvivenza della vittima aumenterà sensibilmente. Per questo l’ossigeno è frequentemente utilizzato in campo sanitario, sia alla normale pressione ambientale, sia pressurizzato in speciali ambienti chiamati “camere iperbariche”: si tratta di ambienti pressurizzabili che possono essere fissi, mobili, pluriposto o comunque di dimensioni tali da poter ospitare almeno un paziente barellato e un assistente (alcune camere consentono l’assistenza da parte di personale sanitario o addetto al soccorso tramite il rapido accesso da un compartimento adiacente).

Bombole di ossigeno: uguali dentro ma diverse fuori

Avendo funzione terapeutica, l’ossigeno è sottoposto a una somministrazione controllata, a controindicazioni e limitazioni, pertanto può essere acquistato esclusivamente tramite ricetta medica presentata alla farmacia. Ma come tutte le attrezzature di primo soccorso, esistono bombole di ossigeno con caratteristiche tecniche e costruttive molto differenti tra loro. Attualmente le ordinanze sulla sicurezza balneare, emanate dalle Regioni e/o dalle Capitanerie di porto, prevedono l’obbligo di dotarsi di tre bombolette monouso da un litro oppure in alternativa da una ricaricabile da 3 o 5 litri. Se parliamo di equipaggiamento dell’ossigeno di tipo professionale, il più comunemente utilizzato per il primo soccorso è costituito principalmente da bombole ricaricabili da 2, 3, 5 e 7 litri, con erogatore e flussimetro regolabile integrato. In Italia queste bombole devono essere costruite in acciaio e verniciate di bianco, con un anello sopra l’ogiva riportante la scritta “per uso medico” e l’etichetta adesiva con tutte le indicazioni previste dalla legge, oltre che essere accompagnate dal bugiardino. Il farmaco contenuto in tutte bombole di ossigeno ha una scadenza fissata a due anni dalla data di produzione. I protocolli internazionali sanitari prevedono l’erogazione dell’ossigeno ad alto flusso indicato in 12/15 litri al minuto, in caso di una vittima da incidente da sommersione (annegamento).

La scelta della bombola dovrebbe essere fatta considerando la capacità di contenere una quantità di ossigeno sufficiente a garantire la somministrazione per tutto il tempo necessario che va dall’inizio del soccorso fino all’arrivo del servizio sanitario d’emergenza. Per calcolare quanto approssimativamente durerà una bombola di ossigeno, è sufficiente applicare questa semplice formula matematica: Volume bombola (litri) x Pressione di carica (bar o atm) ÷ Flusso (litri/minuto) = Tempo durata bombola (minuti) Normalmente le bombole ricaricabili vengono riempite a una pressione pari a 200 atm, per cui una bombola con un volume di 5 litri conterrà 5 x 200 = 1000 litri di ossigeno, a differenza di una bombola monouso che può arrivare a contenere 110 litri di ossigeno (circa 10 volte in meno), avendo una capacità massima di un litro e una pressione di ricarica a 110 atmosfere. Ciò significa che con una bombola ricaricabile da 5 litri è possibile garantire l’erogazione di ossigeno a flusso continuo (12/15 litri al minuto) per almeno un’ora di tempo (15 litri al minuto ÷ 1000 litri = 66 minuti). Mentre se adottiamo lo stesso criterio di calcolo per una bombola monouso, ammesso che riesca a mantenere la stessa quantità di flusso, questa può arrivare a circa 7 minuti di erogazione.

Ciò è però parzialmente vero, proprio perché la bombola monouso, al contrario di quella ricaricabile non dispone di un riduttore di pressione regolabile bensì di uno fisso (valvola apri-e-chiudi), ma soprattutto è sprovvista di manometro, uno strumento essenziale per la misurazione della pressione (quantità di ossigeno contenuto). Questo significa che il personale addetto al primo soccorso, oltre a non disporre di una regolazione ottimale del flusso di ossigeno, non può monitorare il gas residuo contenuto all’interno della bombola, con il conseguente pericolo di trovarsi ad affrontare un’emergenza con una bombola di capacità insufficiente o, peggio ancora, completamente vuota (non è infatti da escludere una perdita accidentale dalla valvola della bombola oppure un suo precedente utilizzo). Cosa ben diversa se invece fosse presente un manometro, la cui lettura, attraverso un semplice controllo visivo, può facilmente rilevare tale deficit e consentire la risoluzione di un grave problema con la preventiva sostituzione della bombola. Per essere precisi, esistono due tipologie di bombole di ossigeno ricaricabili: quelle complete con valvole integrate, manometro, flussimetro e quelle semplici con la sola valvola apri-e-chiudi. Per queste ultime, prima di essere utilizzate, è necessario montare il sistema di erogazione, che deve essere acquistato a parte da fornitori specializzati a prezzi non proprio economici: si tratta di una spesa supplementare a cui nel tempo si aggiunge anche quella per la sua revisione periodica. Senza dubbio il noleggio della bombola completa è di gran lunga la scelta migliore, non solo per l’aspetto economico, ma anche e soprattutto perché l’intero presidio è garantito dal produttore del farmaco, che si fa carico dei collaudi previsti dalla legge, oltre al fatto che il contenitore dell’ossigeno possiede un robusto cappellotto di plastica a protezione del gruppo di valvole in caso di caduta o urti accidentali, un aspetto assolutamente da non sottovalutare per la sicurezza degli operatori e del paziente.

Quali bombole di ossigeno conviene noleggiare

Fino a qui abbiamo considerato le caratteristiche tecniche e operative delle bombole di ossigeno, ma la domanda forse che più ogni lettore si sta facendo è… “quanto mi costa una bombola ricaricabile?”. Una bombola di ossigeno monouso in media ha un costo di circa 50 euro e ne servono almeno tre; in più dobbiamo sommare il prezzo della ricetta medica obbligatoria per l’acquisto, per cui possiamo stimare una spesa tra i 180 e i 200 euro per avere a disposizione 330 litri ossigeno (3×110). Ma attenzione! Se anche a una di queste bombole viene tolta la protezione di plastica che l’avvolge, essendo sprovvista di manometro deve essere riacquistata, perché viene considerata usata. E se la ricetta medica è stata prescritta da oltre sei mesi, anche questa deve essere rinnovata con un ulteriore aggravio di costi. Ma non finisce qui: l’Istituto Superiore di Sanità, interpellato lo scorso anno, con la nota n. 33261 del 31 ottobre 2019, in riferimento all’utilizzo delle bombole monouso ha dichiarato che «si consiglia la detenzione nel materiale di primo soccorso, di non meno di 5-6 bombole monouso erogatrici di ossigeno» e che «data la varietà di indicazioni in sede di ordinanze delle Capitanerie di porto, si ritiene infine senz’altro necessaria e opportuna una omogeneizzazione e una standardizzazione della normativa in materia di materiale di primo soccorso che gli stabilimenti balneari hanno l’obbligo di detenere». Quindi appare logico aspettarsi una prossima correzione nelle ordinanze balneari, che porterebbe a raddoppiare i costi precedentemente citati. Per fortuna che esistono anche altre soluzioni con costi-benefici migliori, tra cui spicca l’innovativo il service OxySAVE, che soddisfa tutti i requisiti richiesti dalle vigente normative a un prezzo di acquisto dell’intero servizio professionale decisamente competitivo.

Letture consigliate

Cosa dice la legge

Un’interessante intervista all’avvocato Marco Paggini dello studio legale Vaudo Paggini & C. con sede a Livorno, il quale opera nell’ambito del diritto marittimo e del diritto dei trasporti, con radicata propensione internazionale che illustra le responsabilità civili e penali degli stabilimenti balneari, piscine e diving in caso di annegamento.

Le nuove raccomandazioni

Nella controversa e delicata questione delle bombole di ossigeno utilizzate per l’emergenza nel settore balneare, è intervenuta la Società italiana di medicina subacquea e iperbarica (Simsi), accreditata dal Ministero della salute per la produzione delle linee guida, emanando le raccomandazioni che escludono le bombole monouso dalle dotazioni di primo soccorso.